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 Fortune di un Soggiogatore

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MessaggioTitolo: Fortune di un Soggiogatore   Fortune di un Soggiogatore Icon_minitimeLun Mar 24, 2008 9:56 pm

I Corsari calavano l’asse. Ybron Blaeve, Maestro di Karond Kar, conduceva a bordo della “Tisiphone” la sua ultima magnifica preda: una Manticora dal mantello nero delle coste del Mar degli Artigli. Da ormai quattro mesi la corvetta Druchii batteva le scogliere e i gli aspri fiordi del Vecchio Mondo. Ybron aveva affrontato drakkar Norsmanni, era sfuggito alle caravelle Bretoniane e prevedeva di lì a non molto di venire intercettato dalle galee Imperiali. Ma certo ne era valsa la pena, perché il mostro era mirabile, possente: e questa volta, se Khaine lo assisteva, la sua fortuna di Soggiogatore era fatta.
Kether En Nearch, suo Despota, conosciuto a Naggaroth con il nome di “Mutilatore” per aver storpiato in battaglia un nobile Asur Portabandiera di Caledor, aveva deciso di celebrare i propri trionfi regalandosi sei coppie di Naggaronti. “Originari della Lustria Meridionale - aveva chiesto il capriccioso Despota – quelle banali lucertole autoctone, che cavalca ormai anche il mio ultimo stalliere, non mi interessano.” E Ybron lo aveva accontentato, guidando una spedizione suicida in quella sordida e velenosa jungla. Kether in seguito si appassionò alle Idre: riteneva che la sorella, Calliope, mancasse di una “degna bestiola che la servisse nelle battute di caccia”. E Ybron, con i migliori fra i suoi Apprendisti, si era calato nelle Caverne della Cordigliera per procurargli l’animale che cercava.
Ora la definitiva vanità: il Despota, che era prossimo a ricevere da Sire Malekith la nomina a Tiranno di Karond Kar, riteneva fosse giusto per lui “montare in battaglia qualcosa di più di un destriero”. E poiché un Drago Nero non era concesso – quello era privilegio reale – la scelta era caduta su una Manticora. “Se potrò avere quella superba creatura – ad Ybron era stato promesso – ti coprirò d’oro e ti affrancherò dal mio servizio.” Ricchezza, fama, libertà: e finalmente le aveva forse ottenute.
I Fanti di Marina al riparo delle battagliole tenevano la bestia – a scanso di incidenti – sotto tiro di balestra e di balista. Ybron certo avrebbe fatto a pezzi lo stupido soldatino che avesse osato anche solo graffiare il suo prezioso e faticato cucciolo, ma… Prudenza. Controllo. Disciplina. Quella, sulla nave, era la prassi. Ed Herynne, l’Incantatrice nonché amante del Despota, designata commissario della spedizione, non tollerava infrazioni al regolamento. Eccola là, protetta dalle linee dei soldati, a sorvegliare dal castelletto di poppa che l’imbarco procedesse secondo le regole. Ybron riusciva a scorgere, fra le esili ed eleganti mani della strega, una nera sferetta di materia viscosa. Sapeva cosa poteva scaturirne e la temeva più di lance e quadrella.
“I miei rispetti, Signora Incantatrice.”
“I miei rispetti, Maestro Soggiogatore. Si direbbe abbiate fatto buona caccia.”
“Ottima, Signora Incantatrice. E sono convinto che il Despota apprezzerà.”
“Se Voi lo dite, Maestro Soggiogatore… Piuttosto: quest’essere non creerà problemi a bordo, mi auguro?”
“Posso chiedervi, Signora Incantatrice, di lasciare ch’io faccia il mio mestiere?”
“Ho l’impressione, Maestro Soggiogatore, che al contrario Vi troviate in difficoltà.”
Ecco per lei un’occasione per deriderlo. Herynne ed Ybron si detestavano reciprocamente. Si contendevano i favori del Despota senza riuscire, l’uno o l’altra, a prevalere. Lei aveva la meglio nell’alcova, lo impressionava col nero potere della magia ed era, in politica, un’accorta consigliera. Lui però gli era fratello in battaglia, condivideva da qualche decade con il suo Signore la mistica ed inebriante esperienza della morte. Non fosse stato per le inevitabili, complesse conseguenze a corte, Incantatrice e Soggiogatore si sarebbero volentieri assassinati a vicenda. Ma al grande Kether erano utili entrambi, e la morte dell’uno avrebbe, infallibilmente, causato la punizione dell’altro. Dunque non restava loro che odiarsi, non perdere occasione per manifestarsi disprezzo e sperare in qualche spiacevole e sfortunato incidente. Naturalmente al cospetto di testimoni.
Le Arpie, ingabbiate sulla coffa, avvertivano l’odore sconosciuto e ostile della nuova creatura che saliva sulla nave: inquiete artigliavano le sbarre e mandavano sibili di rabbia e di terrore. Ciò rendeva il tutto più difficile. La Manticora, benché drogata, per quelle grida si scoteva ora dal suo torpore: spiegava le ali e dibatteva la coda e ancora, se pure debolmente, resisteva all’equipaggio Elfo Oscuro che tentava di rinchiuderla nelle stive. Una dannata perdita di tempo. Con il vento per giunta che andava cambiando a loro sfavore. Una sfida interessante, tuttavia, per gli Apprendisti del Soggiogatore. Ed egli, compiaciuto dall’azzardo, volentieri trascurò l’inconveniente:
“Lasciate le funi! – ordinò ai marinai – Più tirate e più la innervosite, è inutile. Se ne occupino i miei soli assistenti: Ores! Persefone!”
Facendosi largo fra la truppa di Corsari, con alterigia, come nobili riconosciuti fra la plebe, due giovani Druchii armati di frusta e tridente si avvicinarono all’irrequieta Manticora. Il mostro ruggì, snudò dalla pelle nera e spessa della coda l’acuminato e mortifero pungiglione. Erano stati gli Apprendisti Soggiogatori a colpire coi loro dardi soporiferi il collo e il deretano della bestia: si stupivano di trovarla già così desta. Esitavano nel far schioccare la frusta e si ritiravano palesemente impauriti. Ybron sorrideva sprezzante: “Questi due pivellini – pensò – la placheranno a suon di scudisciate o la placheranno riempiendole lo stomaco…Fa lo stesso: sarà divertente.”
Ores levò lo sguardo al Maestro: sperava in un cenno, in un tacito suggerimento. Ybron, al contrario, ricambiò con una smorfia di sdegno.
“E’ un maledetto strafottente bastardo – Persephone sussurrò al compagno – e godrà della nostra incertezza. Dei nostri errori. Godrà se questo mostro ci sbrana. Come quando lasciò che Tipheret venisse sventrato da quel Pegaso Nero…”
“Incertezze non ne ho. Tipheret era un debole. Parla per te se hai paura, sorellina…”
L’Apprendista srotolò la frusta; prese, lentamente, trattenendo il respiro, a muoversi lateralmente attorno alla Manticora. L’altra lo copriva alle spalle pronta a scattare con il tridente spianato. Un passo ad ogni volgere di clessidra… Convincere la bestia ad accucciarsi nella stiva sembrava proprio dovesse richiedere troppo tempo. E l’afflosciarsi dei gagliardetti sul pennone, al contrario, suggeriva ad Herynne che tempo non ce n’era.
“Questo giochetto si protrarrà ancora a lungo, Maestro Blaeve?”
“Si protrarrà per il tempo necessario. E vi prego…”
“Di cosa?”
“Tacete, Signora Incantatrice: c’è il caso che innervosiate la preda.”
Gli Elfi dell’equipaggio, a quel consiglio del Soggiogatore, si sentirono percorrere da un brivido e restarono muti irrigiditi ai loro posti. Ma Herynne non voleva dargli soddisfazione. Rise, al contrario; una risata forte, stridula e chiara che echeggiò da un ponte all’altro della nave.
“Herynne – Ybron ringhiò - per l’ultima volta! State zitta, o finirete per…”
“Come siete teatrale Maestro Blaeve! Ridicolo!…”
La strega rideva, rideva, rideva. Non si accorse che il rivale aveva forse detto il vero. Infastidita da quella voce squillante la Manticora, che affrontava i Soggiogatori, si girò di scatto su sé stessa e spalancò le ali e si tese per il balzo. Ores e Persephone, per lunga esperienza, compresero immediatamente dove e contro chi il mostro si sarebbe lanciato. Il giovane fece mulinare la frusta, pronto ad avvolgerne le zampe; la ragazza sollevò il tridente decisa a conficcarglielo nei tendini. Anche Ybron, dal canto suo, indovinò. E ordinò agli Apprendisti, nel gergo dei Soggiogatori, di stare fermi e non tentare nulla.
La Manticora scattò in alto, in avanti. Superò con un balzo le fila dei balestrieri, le fiancate del castelletto di poppa e, di lì, fu addosso all’Incantatrice. I soldati restarono ammutoliti. Le aprì lo stomaco con un singolo morso: poi, placata dal boccone delle viscere, e finalmente quieta nel terribile silenzio, si distese ronfando docile sul ponte.
I Corsari tuttora esitavano. Qualcuno, con le mani che gli tremavano, sfoderò la sciabola ed impugnò l’accetta. Le dita dei Fanti di Marina sfioravano incerte il grilletto delle balestre. Ybron comandò di non muoversi. Con sicumera salì dall’asse a coperta e fece cenno di porgergli lo scudiscio. Gli Elfi attorno gli obbedirono senza fiatare. Il Soggiogatore si avvicinò alla Manticora, fece schioccare la frusta a mezz’aria e, con richiami gutturali, brevi, la persuase a rimettersi in piedi e scendere la scaletta che conduceva alle stive. I Druchii lo guardavano a bocca aperta.
“Un animale sazio – spiegò - oppone meno resistenza. Chiudete.”
“Maestro… - pregò Persephone con voce tremante – Noi potevamo… Saremmo riusciti…”
“Non doveva fermarci, Maestro – Ores protestò – la avremmo trattenuta!”
Il Soggiogatore accarezzò i giovani sulla nuca. Li baciò entrambi con gratitudine sulla fronte e se li strinse alle spalle con un affetto che non conoscevano:
“Siete senz’altro i miei allievi migliori!”
Sorrise. Diede ordine all’equipaggio di prepararsi a salpare. “E al diavolo il vento che sia calato o contrario! Che magnifica giornata! – continuava a ripetere – Magnifica! Magnifica!…”
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