questo era il mio un po' di temp fa una delle prime cose
che ho scritto.
Quella notte il vento sembrava ululare. Le capanne erano sul punto di
cedere all’impeto delle raffiche da un momento all’altro. Violenti
scrosci di pioggia si abbattevano sulla terra trasformandola in fango.
Ilkreg
pugno di roccia, lo sciamano della tribù, si prostrò al cospetto del
Totem. La robusta colonna di legno raffigurava, a grosse linee, un lupo
feroce e possente, uno dei molteplici aspetti del dio Uthgar. L’anziano
sollevò le callose mani al cielo stellato e, gridando più forte che
poteva: «Uthgar! Il cielo piange! Il vento si lamenta! I tuoi figli
hanno fame!»
Il venerabile sciamano si accasciò a terra, stremato. Ma
i suoi sforzi erano stati vani, poiché il vento e la pioggia
continuarono a spazzare la terra impietosi.
«Uthgar non ci sente, il
vento è troppo forte!» Costui era Torkenheim, figlio di Trulkaard e
fiero capo della tribù del lupo grigio. L’uomo dagli occhi di ghiaccio,
fra lo stupore degli altri guerrieri, si arrampicò sul totem e una volta
in cima sollevò il pugno serrato e gridò: «Uthgar! Cento madri e cento
figli sono morti quest’inverno! La selvaggina scarseggia e gli uomini di
città ci combattono con il fuoco e la magia! Uthgar! Io non ti ho mai
pregato e tu lo sai! Ma anche un uomo forte prega quando i suoi fratelli
e le sue sorelle muoiono!»
Un fulmine saettò dal cuore delle nubi,
colpendo in pieno il totem. La forza dell’impatto scaraventò Torkenheim a
qualche metro di distanza ma, inspiegabilmente, non lo ferì. Anche il
totem era completamente intatto e, agli occhi spalancati degli uomini,
parve che il lupo di legno ringhiasse nel vento.
Una voce tonante
allora si udì, una voce che umiliò la tempesta.
«HO UDITO LE VOSTRE
PREGHIERE, TORKENHEIM FIGLIO DI TRULKAARD. TEMPI DURI STANNO PER
ARRIVARE E TUTTO IL NORD SOFFRIRÀ. MA IO VI DICO: SIATE DEI VERI LUPI
GRIGI E CACCIATE QUANDO LA LUNA È PIENA.
«QUESTA NOTTE HO BENEDETTO
UNA DONNA CON UN FIGLIO. EGLI SARÀ GRANDE.»
Detto questo la voce
scomparve ma anche la tormenta, goccia dopo goccia, soffio dopo soffio,
diminuì di intensità. Lentamente, le nuvole si diradarono, rivelando
un’enorme luna piena. Gli uomini sollevarono gli sguardi incantati verso
il meraviglioso astro. Era un dono, od una maledizione? La pelle si
coprì di folto pelame grigio; i volti si allungarono nei musi di lupi
feroci; le membra si irrobustirono e dalle mani guizzarono degli
affilati artigli.
Un odore, fino ad allora impercettibile, giunse
alle narici dei licantropi che proprio allora salutavano la luna: odore
di carne. Il branco affamato corse a perdifiato nella notte, seguendo la
scia invisibile che si faceva sempre più pungente. Dopo mezz’ora di
marcia forzata, il branco si imbatté in una dozzina di renne: le
creature erano stanche e ferite, una facile preda per i licantropi che
non persero tempo a farle a pezzi. Tornati al villaggio, i lupi
affidarono la selvaggina alle loro compagne. Bisognava vederle le lupe,
mentre difendevano ad artigli tratti il cibo dall’ingordigia dei
lupacchiotti.
Quando la luna sprofondò al di là dell’orizzonte, la
maledizione si spezzò cosicché uomini e donne tornarono alle loro
sembianze originali. Un guaito di cucciolo salutò il giorno nascente.
Proveniva dalla tenda di Egrid la guaritrice. Allora Torkenheim e
Ilkreg, memori delle parole di Uthgar, accorsero a vedere. Entrando
nella tenda i due uomini trovarono la giovane donna intenta ad allattare
un neonato avvolto in un pellicciotto di lupo bianco e, ben sapendo che
Egrid non aveva alcun uomo, Torkenheim il capo e Ilkreg lo sciamano si
inchinarono al cospetto di colui che riconobbero come il figlio di
Uthgar.
Il fanciullo, forse, era la risposta del dio ai tempi duri
predetti dalla profezia. Lo chiamarono Nokinair, che nella variante
dell’illuskan parlata dai barbari uthgard vuole dire “figlio del lupo
grigio”.
Un giorno Nokinair avrebbe sconfitto i malvagi signori
del nord e liberato la terra dalla tirannia. Un giorno il potente
guerriero avrebbe condotto il suo popolo a sud, verso grandi conquiste, e
fondato l’immenso Impero di Gundfang.
A lungo i bardi narrarono
l’epopea del Fiero Signore. Ma con lo scorrere inesorabile delle ere,
anche le sue gesta sono state dimenticate e tutto ciò che è rimasto è la
storia di un uomo che sfidò il mondo intero… e vinse.