Il Vecchio Mondo -Warhammer Fantasy e 40K-
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 L’OPERA AL ROSSO

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MessaggioTitolo: L’OPERA AL ROSSO   L’OPERA AL ROSSO Icon_minitimeDom Feb 17, 2008 6:29 am

Ora a Neferetri, celata nell’oscurità della nicchia, non restava che attendere il ritorno dei servitori. O meglio sperare.
Tre dei suoi uomini giacevano ormai lontano, cento metri più prossimi alla superficie, nella pozza di sangue delle loro
gambe mutilate: gradini-rasoio; una trappola rudimentale ma sempre efficace. Altri due, a giudicare dall’eco delle
grida, che aveva tardato ad estinguersi, dovevano essere precipitati in un pozzo senza fondo. Un altro soffocato da una
polvere maleodorante all’improvviso diffusasi nell’angusto corridoio e l’ultimo – ancora accanto a lei, riverso a faccia
in giù sul pannello fasullo – trafitto alla tempia da un ago sottile. Il foro dov’era scaturito, quasi invisibile, un
geroglifico irregolare sulla parete, colava tutt’ora una materia viscosa e mandava un odore come di pesce o di pece.
L’Anziano Kepra aveva ben protetto il suo sepolcro; l’Eterna Camera e il prezioso segreto che celava. Cripta
minuscola in un dedalo di sottopassaggi la maggior dei quali, per quattro livelli sotto le sabbie, conducevano ad
ingannevoli morti oppure – e forse peggio… - semplicemente da nessuna parte nel buio. Infine, ove un abile ladro
fosse riuscito a trovare la via, e disinnescare tutte le trappole, ogni notte vegliava innanzi la soglia della Camera uno
fra i migliori discepoli dell’ordine del defunto sacerdote. Qualche Iniziato Liche abbastanza giovane ed agile da
sostenere l’assalto di un aggressore armato ma, anche, già sufficientemente dotto da recitare l’Incanto della Vendetta
di Sekhubi. Neppure il più robusto sicario avrebbe potuto sopravvivere alla folgore magica.
Scaltro, previdente l’Anziano Kepra… Ma Neferetri era stata, questa volta, più accorta di lui. Rispetto alla sua prima,
fallita intrusione nel Labirinto un anno addietro, di servitori – incurante della discrezione - ne aveva portati il triplo.
Aveva evitato le trappole più ovvie e quelle che le erano già note, e aveva usato per far scattare quelle inevitabili gli
uomini più stupidi e goffi. Né l’avrebbero ingannata i camminamenti ciechi e senza senso: quando si hanno
abbastanza oro e legami a corte si possono corrompere, come fossero scribi qualunque, anche i Perfetti Architetti della
Casta dei Sacerdoti… e da costoro ottenere utili mappe.
L’Iniziato Guardiano, l’ultimo ostacolo, rappresentava l’unico incerto dell’impresa. A Neferetri era costata una
fortuna, ed una notte disgustosa fra le lenzuola del Serba-Papiri alla più giovane ed avvenente delle sue ancelle… Ma
aveva appreso che anche gli Iniziati hanno i loro limiti e i loro punti deboli. L’Incanto della Vendetta di Sekhubi
poteva al massimo incenerire un solo uomo. Le superfici riflettenti vanificavano l’incantesimo. E lei aveva dunque
portato con sé nella necropoli, ed ora inviati ad affrontarlo, due assassini ricoperti di specchietti e chincaglierie
d’argento lucidato.
Al riparo della nicchia prospiciente la Camera attendeva la conferma della validità del proprio piano. Ascoltò i
prudenti passi dei sicari scivolare nel buio dell’ultimo corridoio. Udì un canto mistico, una voce stridula, da invasato.
Quindi un subitaneo bagliore e l’odore d’ozono. Grida. Certo una colluttazione: che si concluse con un’imprecazione
volgare ma, soprattutto, con parole che Neferetri fu lieta d’udire:
“Crepa, piccolo prete! Vieni, Regina.”
Poi lo sfrigolio di una lampada ad olio, gemito di cardini, assi di quercia che faticavano sulla pietra.
Aveva avuto ragione lei. Neferetri abbandonò il nascondiglio e raggiunse la soglia della tomba di Kepra. Una macchia
di cenere, vagamente antropomorfa, sporcava il pavimento; mischiata al sangue scuro e agli umori di un sacerdote di
non più di dodici anni, piegato in due con una lama nelle viscere. L’assassino sopravvissuto, genuflesso in un inchino,
teneva aperta con la destra possente, lorda d’infanticidio, la porta lignea dell’Ultima Camera. Come invitasse una
puttana in taverna – pensò Neferetri – che irriverente e blasfemo idiota!
La piccola stanza era ornata d’affreschi e geroglifici splendidi e sinistri come mai ne aveva prima veduti. Piastre
lucide di minerale prezioso si alternavano ai pannelli dipinti. La ricchezza del sarcofago e i vasi canopi era tale da
sfiorare il cattivo gusto. Ed era questa forse, indovinò la nobile donna, l’ultima insidiosa contromisura di Kepra: un
qualunque tombarolo ignorante a quel punto sarebbe impazzito di cupidigia; avrebbe consumato la poca aria
respirabile lì dentro in istanti troppo lunghi di meraviglia e imbarazzo.
Subito, vinto lo stupore per il fasto inatteso, i suoi occhi individuarono fra le mani della statua del Dio Sciacallo il
segreto più prezioso del sepolcro dell’Anziano: una caraffa di vetro rosso cerchiata d’oro colma per tre quarti di un
bruno elisir.
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MessaggioTitolo: Re: L’OPERA AL ROSSO   L’OPERA AL ROSSO Icon_minitimeDom Feb 17, 2008 6:30 am

“Sai cos’è questo, servo?” – bisbigliò Neferetri con la voce rotta dall’emozione del trionfo.
“Lo ignoro, Regina.”
“E’ l’Acqua dei Filosofi, servo. Lo Scopo dell’Alchimia. La Vita Eterna. Lo sciocco che giace ora in quel
sarcofago aveva distillato il Rimedio Supremo Contro la Morte. Ma non lo usò su sé stesso. Preferì arricchirne la
propria tomba… Per mostrare agli Déi del Tribunale d’Aldilà quanto in vita avesse eccelso nell’Arte. Per portare agli
Déi la prova del proprio merito. Brinderò alla sua memoria, vecchio pazzo…”
Neferetri rise a lungo d’una isterica risata. L’assassino l’aveva ascoltata evidentemente senza comprendere, senza
interesse; con espressione fra lo scettico e l’annoiato.
“Posso prendere la ricompensa che mi hai promesso, Regina?”
Neferetri acconsentì. E mentre il servo spogliava le Camera delle sue ricchezze, accumulando in malo modo nella
bisaccia tutto quello che gli riusciva d’arraffare, lei portò alle labbra la caraffa e bevve, bevve; bevve il cupo liquido
stregato fin quasi a farsi mancare del tutto il fiato. Sapore e odore erano disgustosi; le pareva le scendessero in gola
serpenti vivi, gli occhi le bruciavano come colmati di zolfo. Lo sopportò, eccitata dalla certezza dell’immortalità e del
potere che tra un istante avrebbe pervase le sue membra. Quando il liquido si raccolse nello stomaco la attraversò un
dolore lancinante: come se il corpo le si facesse di creta, si spaccasse, rimodellasse. Pure, Neferetri resistette e seguitò
a bere. Vuotato finalmente il calice scorse sul fondo una linea geroglifica:
E se alcuno brinderà di lui
gli Déi concederanno che ritorni;
come l’Acqua colma il Vaso dell’Arte
egli così colma di nuovo un corpo.
Il Vino inutile verrà gettato nell’abisso,
Il Vino Vero inebrierà la carne
Non aveva interpretato ancora il verso quand’ecco, alle sue spalle, ch’udì levarsi un patetico rantolo. Il sicario s’era
gettato a terra, terrorizzato, perdendo attorno gioielli e manufatti profanati. Che cosa?…
Alla luce della lampada ad olio Neferetri vide riflessa, nei minuti specchi che l’uomo portava addosso come ciondoli,
o cuciti alle vesti, la figura di un anziano dignitario ricco di monili ed insegne sacerdotali. La pelle era grigia, così
sottile da mostrare quasi i muscoli, il teschio. L’uomo appariva debole, rachitico, malato quasi sul punto di spezzarsi;
nei suoi occhi ardeva tuttavia una maligna e vasta intelligenza.
Subito Neferetri snudò lo stiletto volgendosi attorno per affrontare l’intruso, chiunque fosse e con qualunque inganno
fosse giunto a sorprenderla. Di nuovo, gli specchi preziosi alle pareti del sepolcro le rimandarono la stessa
immagine… ma non la sua. Neferetri era cambiata: realizzò che in quell’orribile, avvizzito estraneo stava ora
fissando sé stessa.
“Kepra!…”
Fu l’ultimo pensiero che riuscì a formulare. Né seppe perché la sua mente fu d’un subito invasa dal solo nome del
sacerdote morto. Un doloroso stordimento si alternava ad una nuova, chiara, estranea consapevolezza. Un sapere, un
pensare, un vedere che non erano più i suoi. Le mancò prima l’udito, quindi la vista, il tatto. L’ultima assurda
percezione che ebbe fu il mancarle del gusto e dell’olfatto. Poi l’oblio.
L’Anziano Kepra, Sommo Ierofante, scavalcando il corpo di un uomo schiumante di follia, ebete, che si trascinava
ottenebrato sul pavimento della cripta, superò la soglia incamminandosi lungo il buio corridoio. Avvertì un alito d’aria
fischiare dal di fuori e rabbrividì di dimenticato piacere. Chissà per quanto tempo era mancato. Chissà quale anima
gentile s’era sacrificata al Cerimoniale del Risveglio…
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MessaggioTitolo: Re: L’OPERA AL ROSSO   L’OPERA AL ROSSO Icon_minitimeDom Feb 17, 2008 7:22 am

M queste storie sono veramente bellissime!!!! Shocked
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MessaggioTitolo: Re: L’OPERA AL ROSSO   L’OPERA AL ROSSO Icon_minitime

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