Pesanti passi profanarono un maestoso silenzio. Prima che lui entrasse, gli unici rumori erano quelli della battaglia in lontananza nelle sale inferiori.
Questa era una stanza gigantesca, molto al di sopra delle zone abitate dove focolari caldi accoglievano minatori stanchi, dove i mercanti esponevano le loro merci. Ovunque vi fosse viva.
Per questa ragione la sua presenza qui era superflua. Dove non c'era vita non poteva esserci forza. Dove non vi era forza non viera ragione di indugiare. Kharnath non sarebbe stato contento nel vederlo perdere tempo quando poco distante c'erano nemici da spezzare, sangue da cogliere e teschi da mietere.
Ma Lui voleva essere qui.
Teneva stretta tra le mani una torcia e si aggirava tra immani statue di pietra, effigi di Dei, Re, Principi e Thane del passato. Guerrieri le cui imprese erano degne di essere ricordate nel corso dei secoli. Il guerriero dal passo pesante gli ignorò.
Procedette verso quel mare fino a quando delle enormi colonne di basalto attirarono i suoi occhi. Il popolo sotto la montagna aveva trovato un modo di rendere graziose anche strutture importanti e sgraziate. Su ogni gigantesca colonna era raccontata una storia. Non con le miserevoli rune del loro ancora più sciocco linguaggio. No. Incise in rilievo c'erano immagini. Riconobbe le sagome dei ringhianti pelleverde, dei viscidi uomini-ratto. Anche i Mai Nati erano contemplati. Ad un occhio distratto quelle immagini potevano sembrare slegate, prive di senso. Semplici scene di battaglia contro i loro avversari. Ma un più attento osservatore poteva notare delle figure che si ripetevano costanti. Due guerrieri privi di armature e scudo, la testa acconciata con la cresta dei morituri combattenti dei Nani. Sventratori. Così si erano arrogantemente chiamati. Rinunciavano alle loro vite per cercare una sanguinosa morte in battaglia. Il guerriero gli disprezzava per le loro ragioni. Ridicolo combattere per morire. Ma rispettava la loro forza, la loro determinatezza. Rimase a lungo a fissare quei bassorilievi. Il suo passo era bramoso, i suoi occhi attenti al più piccolo indizio. Nulla. L'ultima colonna passò e l'uomo, alto ed imponente, vestito con un imponente armatura camminò oltre, verso la grande porta alla fine della stanza.
Si fermò ad osservarla. Non per il mirabile lavoro di artigianato di scalpellini, fabbri ed ingegneri.
No. Incise sulle porte e sulle pareti v'erano molte rune. In un tempo molto passato egli aveva imparato a leggerle. Contenevano il sapere sui punti di forza del popolo dalla lunga barba firmata da uno dei due Sventratori dei bassorilievi. Verano consigli per guerrieri, lord, Re sulla saggezza di schierare un esercito, armarlo, sceglierne i membri.
Il guerriero superò quelle porte che si aprirono con un fragore poderoso. Grande era la sua forza. Una lunga scalinata si apriva comoda danti a lui. E sotto la grandiosa battaglia.
I Nani erano stati incalzati fino alla Sala Grande della Karak, l'atrio prima di accedere alla fortezza vera e propria. Era addirittura ancora più grande e lunga di quella che il guerriero aveva appena superato.
Qui mercanti e stranieri erano chiamati ad aspettare una volta superate le Porte di Bronzo d'accesso. Nell'attesa potevano accedere alle Sale delle Glorie, più piccole. Lui ne aveva superato una. La Sala della Memoria.
I Guerrieri della fortezza erano stati incalzati molto indietro e una sica di cadaveri lo testimoniava. Ora il loro fronte si stringeva intorno a tre macchine da guerra strane. Lui le aveva visto di rado. Quelle strane macchine vomitavano fiamme e fuoco. Evidentemente si aspettavano altri tipi di avversari.
Tre immense fiammate eruttarono e fu con un sorriso che notò lo sgomento dei Barbuti. I guerrieri umani e le bestie erano stati falciati dalle fiamme ma nulla era capitato ai Mai Nati. I loro avversari si aspettavo di affrontare guerrieri e demoni devoti al Signore del Giardino Putrescente. Le lunghe guerre con gli uominiratto avevano instillato ai Piccoli il pensiero che solo con il disagio e la malattia potessero essere vinti. Si credevano insuperabili in prova marziale.
Lui sputò a terra. Non era questo il combattimento che cercava. Aveva sentito le storie e le saghe. Per molto tempo aveva cavalcato nelle vastità del Caos. Ma aveva fallito. Quando i due Sventratori avevano lasciato la loro Karak, Lui era a Sud. A mietere miserevoli raccolti tra le genti del Martello D'Oro. Troppo distante per raggiungerli.
Non aveva trovato tracce nel Nord. E la scia di cadaveri che avevano tracciato era sparita all'improvviso. Nessun Clan, nessuna Tribù aveva vantato quella gloriosa uccisione. Che i due Sventratori fossero ancora vivi, nelle mani dei Servi depravati del Principe Oscuro? Ne dubitava.
I suoi occhi si posarono su una figura distante. Un guerriero con un elmo alato portato su uno scudo da altri combattenti gridava ordini e incitava alla lotta. Intorno a lui decine di guerrieri armati con martelli e scintillanti armature. Si facevano largo tra i nemici, spingendo in avanti la massa dei Nani.
La consapevolezza gli era giunta molte lune fa.
I Due Nani erano vivi. Ma non doveva cercarli. Sarebbero loro venuti per lui. Che gli altri capi-tribù si dilettassero con le deboli terre verdi degli uomini. Lui avrebbe frantumato la Montagna. E allora si sarebbero fatti avanti per affrontarlo.
Un ruggito riecheggiò alle sue spalle. Una creatura gigantesca di furia e metallo si fece avanti. Un possente Juggernaut si fece avanti. E dietro a lui molti altri. Ma il primo era speciale. La sua cotenna era nera come la furia e i suoi occhi scintillanti come il sangue illuminato dal sole. Il Guerriero si mise in testa un grande elmo. Sopra vi era incisa la runa di Kharnath stesso. Gli altri cavalieri lo affiancarono nel mentre uscivano dalla Sala. La belva sotto di lui sbuffo dall'oltraggio nel vedere i suoi avversari.
Lui condivideva lo stesso pensiero. Ma non c'era scelta.
Fissò un ultima volta i grandi volti degli Dei dei Nani sotto i quali i Lungobarbi stavano combattendo.
Poi estrasse l'ascia. Un mostruoso demone fatto metallo. Agognava sangue.
Il musico soffiò sul grande corno di bisonte e annunciò la sua presenza, riecheggiando per tutta la Sala. I Nani si voltarono a fissarlo. Il guerriero con l'elmo si voltò verso di lui.
Lui sollevo l'arma in segno di saluto.
Ci sarebbero stati altri scontri. I due Nenai sarebbero tornati. Nel frattempo....
"SANGUE PER IL DIO DEL SANGUE! TESCHI PER IL TRONO DI TESCHI!"
Come una valanga di ferro e furia, scesero. Travolsero tutti e tutto. Il primo Nano a morire fu per la sua lama. Furianera lo infilzò con il suo rostro e lo scagliò di alto, ad incontrare l'ascia del suo padrone.
Il primo teschio venne mietuto.
Non sarebbe stato l'ultimo.