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| | Luce | |
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Il soldato Umano
Numero di messaggi : 208 Età : 33 Località : Pisa Data d'iscrizione : 17.01.08
| Titolo: Luce Lun Feb 18, 2008 6:14 pm | |
| Guardo l’uomo di fronte a me. Nel nome di Morr, il tanfo esalato dal suo corpo appesta l’aria. Lo osservo e noto le imperfezioni della pelle, e le pallide gocce di sudore che avvolgono la sua viscida carne. È uno spettacolo patetico. E ripugnante. Non si muove da quel pagliericcio da giorni, ed i suoi abiti oramai sono ridotti a stracci bagnati di sudore freddo. Il sangue che era sgorgato copioso dalla sua ferita al fianco è quasi tutto essiccato, rappreso. Nessuno si è preso la briga di pulire dagli escrementi secchi da tempo quel corpo oramai ridotto al limitare della vita. L’hanno semplicemente lasciato stare. Si sono arresi. Morirà. Ogni suo battito di cuore non è che uno in più in una conta destinata a concludersi. Lo osservo, non lo tocco, cerco di non pensare a quell’aria putrefatta che esce ed entra in maniera oscena dai suoi polmoni perforati. Ha il viso pallido, bianco, segnato. Nessuna cicatrice, neppure un livido, ma marchiato dalla fatica del vivere. Le pieghe del volto raccolgono, come fossero grondaie di una vecchia magione, il suo sudore e forse anche alcune lacrime. La fronte ampia, spaziosa, una capigliatura composta, scura e ben curata: netto è il contrasto con l’ispida barba corta, non rasata, che gli impregna le guance. Forse è un bene che la sua faccia sia anche solo parzialmente coperta da quella peluria da selvaggio: non oso immaginare ciò che essa nasconde, sangue, altro sudore, fango, magari. Ha le labbra sottili, da oratore, eleganti come quelle di una fanciulla. Le muove convulsamente, aprendole e chiudendole, in un boccheggiare da pesce, dettato da chissà quale visione. Gli occhi scattano a destra ed a sinistra, soffermandosi su particolari che solo lui riesce a notare. Fissa il vuoto, oppure sta guardando proprio lì, il soffitto di legno marcio, seguendone con gli occhi le lunghe venature biancastre. Forse è ancora in grado di capire cosa gli sta succedendo, forse sa che è giunta la sua ora: ad osservarlo, questa impressione non vi è proprio. Sembra in preda ad un lontano delirio, e questo sarebbe anche cosa normale, viste le sue condizioni. Chissà se si ricorda chi è. È terribile speculare sull’agonia di un altro essere umano, lo so, ma non riesco a farne a meno, guardando questo moribondo. Mi chiedo se una minima parte del suo cervello è rimasta lucida, razionale, al contrario delle membra che giacciono scomposte su quel pagliericcio improvvisato. Forse si. Forse sta facendosi, esattamente come me, delle domande. Forse pensa al passato, al proprio nome, alla propria famiglia di Sartosa. Oppure, assai più probabile, vede volti deformati dalla morte, spettri di immagini, brandelli di ricordi. Gli lancio – per l’ultima volta, lo giuro – uno sguardo. Ha la schiena storta. Forse è rotta. Il corpo è atletico e forte. Avvolto in un abito nero, che gli cade pesante sulle membra, esaltandone gli aspetti più osceni. I pezzi dell’armatura che indossava sono stati asportati e gettati in un angolo. Al suo fianco, rimane solo l’elmo decorato, ma il fango non mi permette di vederne i colori delle insegne. Solo questo, quell’elmo coperto di ammaccature e spaccato quasi a metà, è l’unica cosa che lo distingue da un qualunque altro moribondo nel campo ospedale. Potrebbe essere chiunque, ma quell’elmo fa di lui qualcuno. Chissà se si ricorda di essere Francisco Creusa. Lui, che ha guidato la flotta della Governatrice di Sartosa, lui, che si è rifugiato con duecento uomini appresso in Miragliano alla ricerca della gloria, lui, Francisco Creusa, che aveva combattuto contro Ferdinando Lanzecchi da Luccini nella Battaglia delle Cento Spade. Lui che ha spaccato il morale dei propri nemici in molte battaglie con solo una gloriosa carica di cavalleria. Lui che per cento anni in questo secolo | |
| | | Il soldato Umano
Numero di messaggi : 208 Età : 33 Località : Pisa Data d'iscrizione : 17.01.08
| Titolo: Re: Luce Lun Feb 18, 2008 6:15 pm | |
| di guerra aveva conficcato la propria lancia nel petto della fortuna e della vittoria, rientrando vittorioso in Miragliano per essere accolto dal Principe in persona. Francisco Creusa, l’eroe della Difesa del Bastione di Piombo: con centro cavalieri aveva messo in rotta mille orchi che assediavano la rocca più lontana del Principato. Francisco Creusa, il condottiero che aveva affrontato la morte a braccia aperte, ed era sempre uscito vincitore da qualunque battaglia. Chissà se si ricorda di essere qualcuno nella storia di questo mondo, e che in questo preciso istante sta per morire. Forse sta pensando proprio a questo, Francisco Creusa. Quello che so io, è che non sopravvivrà a stanotte. Quattordici colpi da moschetto, di cui due hanno sfracellato le costole nei pressi del cuore, uno gli ha quasi strappato un braccio, un altro gli si è piantato dritto nella testa, passando per quella illustre, ampia fronte. È caracollato a terra, piombando come morto nel fango, scaraventato indietro dal destriero imbizzarrito. I suoi uomini hanno continuato la carica, venendo macellati dalla scarica infernale che continuava a sgorgare da quegli archibugi. Un cavaliere lo ha rimesso in piedi, caricato privo di sensi sul dorso del proprio animale, trascinato al galoppo fino al campo. Era sempre tornato vittorioso, fiero, in sella al proprio destriero. Oggi tornava sconfitto, i suoi compagni massacrati, ridotti ad una ventina di superstiti, in bilico come un sacco di fango sul fianco di un cavallo qualunque. Ai nemici era bastato puntare i loro cannoni, e premere il grilletto, ed avevano cancellato dalla faccia della terra quello che per noi era Francisco Creusa. Lo avevano spazzato via nel raggio di un istante. Non era bastata la scintilla di un pensiero per evitare che ciò accadesse. Adesso è qui, davanti a me. Lo guardo, tamponandomi il naso con le dita per evitare di respirare quell’aria di morto. Boccheggia come un’animale, gli occhi fuori dalle orbite. Ha cominciato a cambiare colore. Le sue mani, lunghe, si avvinghiano nell’aria, come a voler stringere qualcosa. Vanno al fianco, al collo, a scatti, senza alcun legame logico. Vorrei poter pensare che stia cercando l’impugnatura della spada, per morire come un vero guerriero. Ma non troverà mai né la forza né il desiderio di afferrarla. Se è per questo, non troverà mai neppure la spada, poiché essa è rimasta laggiù, nel fango della battaglia. In quel rumore sordo. Poi, ad un certo punto, si blocca, rimane immobile come una statua, gli occhi fissi. Poi riprende a muovere le palpebre, le sbatte, le pupille saltellano a destra ed a sinistra, di nuovo, riprendono il loro battere, il loro ritmo assennato. Non apre la bocca, respira col naso, producendo un suono faticoso e strascicato. Rimango immobile, non lo tocco e cerco di non guardare quella sua faccia sempre più simile ad un teschio. Spalanca la bocca in un grido, che non emerge, che non arriverà mai, inarca la schiena, si irrigidisce, come se un orgasmo l’avesse attraversato da parte a parte, spalancandogli il petto. Riprende improvvisamente a sanguinare, la ferita si è riaperta. Le labbra sputano alcuni respiri. Ha lo sguardo gelato attorno al soffitto. “Ho sete, ho sete… datemi da bere…” la sua voce è un fremito, sottile, femmineo, dolce. Io non rispondo, non faccio nulla. Continuo solo a guardarlo con occhi impassibili. Lui tace per un istante, poi il suo volto si deforma in un quadro astratto di sangue e lacrime. Si dissolve in singhiozzi deboli, impotenti. “Ho freddo… ho sete… datemi da bere… è buio qui, è buio, vi prego fate luce…” Continua a piangere, impregnando il proprio volto. Non asciugo il suo dolore. “Vi prego… fate luce…” E capisco che in quell’istante Francisco Creusa è ritornato bambino. Un bambinetto che sta per morire, e piange il freddo, il buio, la sete. | |
| | | | Luce | |
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