Le mani del patto

Ho deciso di abbandonare il mio vecchio racconto, forse
troppo altisonante, e di iniziarne uno in cui i protagonisti siano semplici
membri di razze. Probabilmente D&D un po’ mi ha influenzato, ma spero vi
piacerà.











Lyanor saltava agile tra un ramo e l’altro. La foresta in
quel luogo era particolarmente fitta e lui era invisibile, nei rami più alti
degli alberi. Ma non per loro. Con un’occhiata fugace osservò i suoi
inseguitori. Erano rimasti in 3. Li vide muoversi agilmente e poi più nulla.
L’arco in mano, il piede veloce. Continuava la sua folle corsa sui tetti degli
alberi rischiando di cadere ad ogni passo. Non capiva più dov’erano. “Sono
bravi” pensò “Devo averli addestrati bene”.





Naidar scrutava con sguardo assente l’infrangersi del mare
sulla prua della propria barca. Guardò con insicurezza gli scarsi viveri che
aveva con se. Poi girò la testa verso
l’orizzonte. Il vecchio mondo. Ecco cosa stava andando incontro. Poi un lampo
di nostalgia: il nuovo mondo. Vide dietro di se due navi da guerra:
evidentemente la controllavano.





“Ehi, tappo” la voce giunse dura alle orecchie di Damrik.
Alzò la testa, e vide un uomo rude, emaciato, vestito puramente di stracci.
“Fammi passare”. Ubriaco, a giudicare dall’alito.


Damrik tornò a fissare il vuoto, senza dare ulteriore peso
al criminale che gli stava davanti. L’uomo era più alto di lui, ma Damrik era
molto più robusto. Dopotutto, era un nano.





Lyanor diminuì il passo, cercando di fare meno rumore. Si
sistemò il mantello e calò ancora di più il cappuccio sugli occhi. Ne aveva
individuato uno. Incoccò una freccia. Lo riconobbe subito. Era Amior, suo
sottoposto, suo compagno. Non poteva ucciderlo. Non ci sarebbe riuscito. Lasciò
la corda tesa, mentre le lacrime giungevano agli occhi. La freccia trafisse un
piede del compagno. Non poteva ucciderlo. Rallentarlo sì.





Naidar era in piedi sulla poppa della piccola barca. Con i
suoi occhi da elfa, riconobbe due navi da guerra. Riconobbe la polena slanciata
tipica degli alti elfi. Riconobbe la polena minacciosa degli elfi oscuri.
Ritraeva una strega elfa, con i capelli di alghe e pugnali incrociati al petto.
Le assomigliava terribilmente. Con una mano sfiorò le sue orecchie a punta e i
lunghi e ribelli capelli neri che
sventolavano al vento.





Damrik teneva uno sgabello in mano. I muscoli contratti, il mantello per terra, le
vene gonfie. Senza cappuccio rivelava una folta chioma castana. Ai suoi piedi,
l’uomo di prima. Le costole rotte. Ancora in mano il coltello con cui l’aveva
aggredito. Si guardava intorno con rabbia. Si vide circondato da un gruppo di
uomini male armati . Chi con un coltello, chi con un macete, chi con un abbozzo
di spada. Li squadrò con indifferenza, saldando la presa sullo sgabello. Sul
suo mento, non un accenno di barba.








Allora? Che ne dite?

scusate, non so perchè sia venuto fuori con così tanti spazi vuoti...

interessante bravo

grazie!!!

nessun'altro?

bravo complimenti

Molto intrigante!!!

bravo lif, molto bello

bello peccato per l'altro racconto

bravo, molto interssante

grazie a tutti!!! purtroppo però non sono veloce come grumlok a continuare... a voi va bene lo stesso?

traquillo prenditi il tempo che ti serve

bello ...

un intreccio intrigante bravo=)

grazie a tutti!!!

bravo bello lif

Ed ecco il 2° capitolo, scusate il ritardo ma ultimamente
sono un po’ impegnato!!














Erano ore che Lyanor non faceva altro che correre. Ma ormai
ce l’aveva fatta. Ormai era fuori da Athel Loren. Si guardò intorno: non
conosceva particolarmente quella zona del bosco, ci era passato solo qualche
volta, rincorrendo un’animale selvatico. Per un attimo, fece finta di non
essere in fuga, di non essere un esule. Si lascio accarezzare dal vento fresco
e leggero, che portava con se tutti gli odori della foresta. Poi decise di fare
una sosta: non poteva andare avanti così. Cercò un posto sicuro, ma dovette
accontentarsi dell’ombra che una quercia proiettava sulle acque di un ruscello.
Si sedette sopra una pietra nel bel mezzo del fiume e solo allora si accorse di
quanto era stanco: le gambe gli dolevano, il fiato era corto. Porto un po’ di
acqua alla bocca e godé del suo sapore. “Come farò a rinunciare a tutto
questo?”, si chiese. Una fitta lancinante lo colse alla testa, e lentamente
cadde incosciente nelle acque del fiume.





Naidar era esausta: ci erano voluti giorni per attraversare l’oceano.
Ora era arrivata in una viva località marittima, ma non riusciva a capire dove.
Non si era mai interessata al vecchio mondo. Non avrebbe mai pensato di
lasciare Naggarond, se non per una battaglia. Provò a chiedere informazioni, ma
nessuno nella zona era abbastanza colto da conoscere vocaboli in elfico. Decise
di soggiornare in una locanda. Una volta entrata, osservò la strana
architettura umana: era un piccolo edificio di legno, quasi opprimente, che
dava spazio solo a un bancone e a qualche tavolo per i clienti più ricchi. Una
piccola scala a chiocciola portava al piano superiore, dove si poteva passare
la notte. Al banco, senza parlare, mostrò qualche moneta d’oro: era un buon
modo di comunicare.








Damrik era ancora in piedi, senza un graffio. Aveva ancora
lo sgabello in mano, ora macchiato di sangue. Due uomini rantolanti era ora per
terra: per loro c’era stato poco da fare. Lo avevano attaccato in massa, accerchiandolo.
Pochi, rapidi movimenti e già due di loro erano a terra. Ora, oltre a
lanciargli sguardi di fuoco, i banditi non sembravano più intenzionati ad
attaccarlo. “Venite voi o devo venire io a prendervi?” disse Damrik,
sprezzante, accompagnando questa provocazione sputando per terra. Era chiaro:
le cose si sarebbero risolte combattendo, in nessuna altro modo. I furfanti
erano già spaventati: non si aspettavano così tanta abilità quel nano parso a
loro insulso. Nel suo sguardo solo furia, nessun segno di esitazione. La
volontà di uno degli uomini crollò, a breve coinvolgendo l’intero gruppo. Pochi
secondi dopo erano già fuori dalla locanda, scappando per le vie della città.
Damrik lentamente si girò, si rimise il cappuccio e gettando qualche moneta d’oro
sul banco disse: “per la birra” e se ne andò, misteriosamente come era venuto.








Che ne dite?

a me piace, sono curioso di vedere come si intrecceranno le storie...perchè si intrecciano vero?

molto interssante...
le storie si intrecciano alla fine?

molto interessante complimenti

bello

Certo che si intrecceranno!!!! Grazie a tutti del sostegno!

Bello, anch'io sono curioso!!!

mi piace un sacco la storia dell'elfo

grazie a tutti del sostegno, sono contento che vi piaccia questo racconto, perchè mi sta appassionando....

Scusate non so perchè vengono fuori tutti quegli spazi...