La triste sorte del Capitano Joseph - Racconto breve

ll bosco era spoglio, denudato dalla morsa dell'inverno. Un inverno freddo, senza neve. Alberi scheletrici emergevano dalla terra come mani intente a ghermire il cielo. La desolazione regnava sovrana. La desolazione e la nebbia. In questo luogo dimenticato da Sigmar un gruppo di uomini armati marciava. Erano soldati di ventura, buone spade se si aveva il denaro per permettersele. Per sfuggire, anche se lievemente, al freddo erano tutti ricoperti da pesanti pellicce d'orso. Il drappello era formato da dieci arceri, dieci spadaccini e una decina di miliziani, volontari dal villaggio che li aveva assoldati. Era una delle clausole del 'contratto' che Josepeh Karol, il capitano di questo drappello di soldati, stipulo.

Il gruppo di mercenari era stato chiamato da un villaggio situati al limitare del bosco per scacciare un branco di uominibestia che lo aveva preso di mira. "Paghiamo bene" disse il capo villaggio mostrando una cassa piena di monete d'oro. A Joseph non interessava come un villaggio dimenticato e sperduto possa avere tanto denaro. Sognava ricchezze, donne e gloria, come ogni mercenario che si rispetti. Quindi accetto.

La colonna di uomini avanzava ormai da ore, così il capitano decise di fermarsi e accamparsi per la notte. Accesero fuochi e si accordarono per i turni di guardia. Joseph si sedette su un tronco d'albero spezzato e si tolse l'elmo di cuoio dal capo. Era un soldato temprato, quasi cinquantenne, brezzolato e con la faccia piena di cicatrici. Sapeva il fatto suo ed era un buon leader. Guardava il buio oltre l'accampanto, in attesa di scrutare gli odiati zoccolati. Ma non ne scorse nessuno. Nessun suono si levò dalla foresta. Nulla. Ne quella notte ne la notte seguente, ne la seguente ancora.

Il terzo giorno il drappello si era inoltrato oramai in profondità nel bosco. Gli scheletri degli alberi e la nebbia erano compagni silenziosi e tertri. La terra ghiacciata scricchiolava sotto i loro stivali. La stanchezza si faceva sentire.

Un rumore giunse agli orecchi degli uomini, che si fermarono all'istante. Un leggero scalpitio di zoccoli, che si spense quasi subito. Il capitano cerco il volto di Thomas, un giovane arciere, eccellente esploratore e con un gesto della mano lo attirò a se. Il giovane, avvolto nella pelliccia, lo raggiunse di corsa. Non servirono parole. Thomas andò in esplorazione. La sua sagoma raggiunse i boschi e scomparve nella nebbia. Gli altri membri del gruppo attesero gli ordini del loro capitano. Con un cenno della mano gli ordinò di formare una linea difensiva. Ubbidirono senza esitazione. I minuti passarono interminabili. Gli uomini erano pronti a qualsiasi tipo di avversità. Avevano combattuto contro i pelleverde, gli Skaven è un'infinitò di altri nemici. Erano temprati e non temevano la morte.

Un grido raggelò i loro cuori, più del freddo dell'inverno. Era la voce di Thomas. Pochi attimi dopo una specie di enorme sacco di carne cadde davanti al drappello dei soldati. Un soldato vomitò. Un'altro distolse lo sguardo disgustato. Joseph guardò l'ammasso di carne che un tempo era l'esploratore. Non aveva più ne braccia ne gambe, solo il torso con il ventre squarciato dal quale fuoriuscivano le sue budella e meta testa. L'altra metà era stata strappata via a morsi. Sangue vermiglio sgorgava copioso dal corpo martoriato. Alzò lo sguardo. Il suo volto era pieno di ira, reprimeva la rabbia a stento. "Uscite in nome di Sigmare luride bestie!!!!" tuonò. La voce riecheggiò nella foresta.

Un ruggito animalesco giunse in risposta al suo grido. Bestiale, animalesco. Poi la terra tremò e dal bosco giunse la creatura. Un'enorme belva alta due volte un uomo, un ammasso di muscoli, peli e zanne e artigli. Enormi corna taurine ornavano la sua testa. La bocca piena di zanne aguzze, macchiate di sangue fresco. Era un minotauro. Nelle poderose braccia stringeva due enormi asce gemelle piene di marchi dedicati a chissà quale divinità. L'ampio torace era protetto da grosse placche metalliche che formavano una rozza armatura. Sul torace luccicava una specie di amuleto, che brillava lievemente di luce propria. La creatura scruto gli umani ruggì alzando la testa al cielo e caricò.

La terra vibrò. Joseph si tolse la peliccia d'orso, imitato dai suoi comilitoni. Spade, scudi, archi e frecce in pugno.

Gli arceri riuscirono a scoccare alcune frecce che andarono a conficcarsi nell'enorme bestia, ma questa non se ne curò.Quando li raggiunse l'impatto fu tremendo. Tre soldati furono scagliati indietro, altri due caddero e vennero calpestati dagli enormi zoccoli del demone taurino. Un'ascia colpì in pieno petto un'altro soldato tagliandolo in due. Il sangue era ovunque, imbrattava ogni cosa. Alcuni riuscirono a ferire la belva con colpi fortunati, ma ella sembrò non accorgersene. Ruggiva, mordeva, incornava, tagliava. Il capitano riuscì in qualche modo a schivare un attacco del mostro e ad infilzarlo in un fianco. La spada penetrò in profondità nelle carni dell'avversario. Sangue nero colò dalla ferita. Il minotauro urlo di dolore e con una violenta gomitata lo fece volare. Il colpo fu tremendo. Cerco di rialzarsi ma non c'era verso. Il massacro continuò ancora per poco.

Doveva pensare di averlo ucciso perchè,dopo aver staccato la testa all'ultimo soldato in vita, l'abominio iniziò a cibarsi. Il rumore di carne lacerata e ossa spezzate era nauseabondo. Respirava affanosamente. Joseph odiava quella creatura con tutto se stesso. Aveva spezzato la vita di tutti i suoi compagni, nessuno escluso. Non poteva neppure sepellire le loro spoglie perchè quella bestia avrebbe divorato tutto, lasciando solo un'enorme pozza di sangue. Ma più della creatura odiava se stesso, ormai incapace di fare nulla tranne che aspettare la morte...

Percepì un rumore di zoccolì attorno a sè seguito da un intenso dolore al cuore. Continuava a guardare il minotauro che banchettava con le spoglie dei suoi compagni, finchè l'oscurità non lo avvolse.


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E' il mio primo racconto, spero non faccia troppo schifo

L'ho gradito alquanto, complimenti Tuttavia vorrei fare un appunto per quanto riguarda la parte lessicale e ortografica, qualche errore qua e là insomma, ma nulla di che, forse però dovresti stare attento alla ripetizione delle parole, come "drappello" in questo caso, smorza un pò il tono della lettura. Per il resto ben fatto e continua così, spero di leggere altri tuoi racconti