Eccolo qui. Avevo deciso un altro tema ma poi, dopo aver sprecato diversi giorni, ho optato per questo. Scritto tra le 15 ed adesso. Siate clementi.
Nel Bunker
‘’Non so perché sto scrivendo questo, e non so neanche chi leggerà le mie parole. Forse sto cercando di occupare il mio tempo, fattosi all’improvviso così vuoto.
O forse è insito nell’uomo cercare di creare qualcosa, qualsiasi cosa, dopo aver visto tanta devastazione. La mia mente segue percorsi strani e circonvoluti da un po’ di tempo ormai, e forse questo è solo un modo per tenere la mente occupata, e non pensare.
ASSOLUTAMENTE NON PENSARE.
Il giorno in cui iniziò tutto era un caldo torrido.
Era impossibile stare al sole per troppo tempo senza sentirsi male. Ma mi ricordo che ero uscito, il comando di quartiere mi aveva affidato una ronda di controllo. Ricordo di aver visto Sigfried Tallen, uno degli psionici al servizio del mio reggimento. Era un tipo strano e temuto, come d’altro canto tutti quelli della sua razza, ma mi ero avvicinato per salutarlo. Mi accorsi subito però che aveva qualcosa che non andava. Gli occhi erano velati e pareva febbricitante. Mi sono avvicinato per vedere se potevo fare qualcosa, quando salì su un gravibus fermo nella stazione vicina.
Lo spostamento d’aria dell’esplosione mi aveva schiacciato a terra. Il convoglio prese fuoco immediatamente e nell’aria si sentiva l’odore di zolfo dei capelli e della carne bruciata. Frammenti di vestiti in fiamme volavano nell’aria e il grasso dei morti sfrigolava sulle rotaie.
All’epoca non comprendemmo il perché di quel gesto, ma come eravamo stupidi e ciechi allora, come credevamo che sarebbe durato tutto per sempre. Chissà, forse se avessimo saputo cosa sarebbe successo, se avessimo fatto qualcosa, il risultato sarebbe stato diverso.
Ma alla fine, cosa può l’uomo? Oh santissimo Imperatore, perdonami, ma ho perso la speranza nell’uomo.
Dopo quello che ho passato, chiunque avrebbe dubitato.
Ma ora per fortuna sto per fuggire da qui.
Il caldo nei mesi a seguire si era fatto più insopportabile, e con esso erano aumentati i suicidi. Un pazzo aveva urlato in un megafono che voleva salvare tutti, che DOVEVA salvare tutti, prima di disperdere al vento una neuroalga vietata, in una colonia del sud.
Le indagini che seguirono dimostrarono che l’uomo era un mutante, forse con abilità psichiche non sanzionate, forse in contatto con degli agenti ribelli delle forze di liberazione del Comandante Talin.
All’inizio non collegai le cose, e quando lo feci era già troppo tardi. Come potevamo aspettarci quello che successe? Come potevamo soltanto IMMAGINARE una cosa del genere? Forse i primi a morire furono i più fortunati.
Forse quell’uomo li aveva davvero salvati tutti.
Con le liberatorie piogge d’autunno iniziò l’invasione.
Dapprima erano attacchi isolati, alcuni morti e alcune biocupole familiari distrutte.
Ricordo gli scontri nelle megapiazze dei formicai, l’odore dei lacrimogeni militari nell’aria. La popolazione pensava che ci fossero i Gerarchi dietro agli omicidi, e chiedevano sangue.
Noi e gli Arbitres eravamo sempre al lavoro, sempre impegnati.
Quando ricevemmo l’ordine di svegliare e santificare gli spiriti macchina dei veicoli superpesanti, capimmo che qualcosa di molto grosso non stava andando come doveva.
Levian, una delle reclute, mi confidò che aveva deciso di scappare. Possedeva un piccolo shuttle per i voli spaziali, e voleva provare ad unirsi alle basi dei contrabbandieri, nascoste nella fascia di asteroidi del nostro pianeta. Mi chiese di seguirlo, ma non lo feci, e per poco non lo denunciai al commissario. Ma forse ora è morto anche lui, come molti, tantissimi altri…
Nel giro di poche settimane la situazione era già precipitata. Vedevamo le scie di fuoco attraversare il cielo verso i formicai del macrocontinente meridionale, ed era entrata in vigore la legge marziale da diversi giorni. Il mio reggimento era in mobilitazione totale, e fummo inviati a proteggere lo stretto cordone di terra che ci divideva dal sud.
Fu quel giorno che li vidi.
L’immagine di quelle
cose mi resterà impressa nella mente fino alla morte, marchiata a fuoco nel cervello, ne sono certo.
Dalle retrovie vidi esplodere il
Praetorian, il nostro scudo, la nostra speranza ed il nostro orgoglio.
La luminosità incredibile del reattore al plasma in fusione che riempiva il cielo fu uno spettacolo terribile. L’onda d’urto e l’incredibile energia cinetica spianarono il terreno per diversi chilometri, vaporizzando tutto quello che incontravano e lanciando in aria i carri armati come se fossero di cartone. Ma anche questo non bastò.
Quando li vidi travolgere l’artiglieria principale fuggii.
Con me era un alto comandante, mi rendo conto ora di non sapere neanche il suo nome.
Ed adesso eccomi qui. Penso che sia una specie di bunker di comando, o almeno così mi ha detto mentre scendevamo quaggiù. Il comandante sconosciuto è morto mentre azionavo il montacarichi. Ho sigillato di persona le porte stagne, e isolato totalmente il complesso di bunker dal mondo esterno.
Dai collegamenti satellitari li ho visti travolgere i formicai e schiacciare le ultime, disperate sacche di resistenza vicino al polo settentrionale. Prima che iniziassero a cadere i satelliti, ho vista la fusione dei generatori dei grandi cannoni di difesa a nord. Da allora più nulla, sono cieco e sordo, a parte per una telecamera che controlla l’ingresso alla porta principale, e da lì li vedo anche adesso. Ma non mi avranno. Mi potranno pure aver scovato, ma non mi uccideranno come tutti gli altri. Io sto per scappare. La chiave di tutto sta nel cassetto della mia scrivania.’’
La guardia si alzò lentamente dalla sedia, chiudendo il libro dalla copertina di cuoio e posando la penna. Si diresse verso un lavandino e si lavò la faccia. Poi guardò nello specchio la faccia di un uomo dagli occhi arrossati e lacrimosi. Passandosi una mano sulla bocca uno dei canini si staccò. Così, semplicemente. Non sentì neanche male. Venne via con facilità, come una carota dalla terra. Accadeva sempre più spesso ormai. Doveva essersi ammalato, i filtri non funzionavano più tanto bene.
Andò con calma verso gli altri settori del bunker, che conosceva ormai a memoria. Passò vicino alla vasche delle carpe anfibie di Pollen, che lo avevano tenuto in vita per tutti quei mesi. Gli dispiaceva che morissero, ma non aveva modo di portarle con sé. Oltrepassò poi la serra, le cisterne per l’acqua ed il reparto di produzione energia. Si fermò proprio in quel punto, e spostò tutti i quadranti nella zona di massima pressione. In quel modo, entro pochi giorni l’intero complesso sarebbe stato invaso da Promhetium in fiamme, spazzando via tutti gli invasori che avessero cercato di entrare.
Poi ritornò tranquillo verso la zona di comando. Solo uno degli schermi era ancora attivo, e lo fisso con fierezza mentre si sedeva al suo posto. Li aveva visti entrare nel complesso, e distruggere tutti i bunker prima del suo. Ora graffiavano vanamente la spessa porta blindata, ma non ci sarebbe voluto molto prima che riuscissero a far passare uno strumento da demolizione. Ma tanto sarebbe già stato molto lontano quando sarebbe accaduto.
L’alieno a sei zampe, uno degli innumerevoli altri che spingevano alla porta, lo fissò con una strana intensità, come se sapesse di essere scrutato attraverso la lente della telecamera occultata. ‘’Non l’avrete vinta voi, xeno’’ rimuginò la guardia mentre apriva il cassetto della scrivania e ne prendeva il contenuto.
‘’Non mi avranno!’’ pensò, mentre tirava il grilletto.
Piaciuto?